GIOVANNI BIRINDELLI
Corriere.it: “I conti correnti degli italiani sfondano il muro dei 1.000 miliardi . La crisi spaventa gli italiani, il denaro non circola. Le aziende non investono e le famiglie non spendono, preferendo accumulare”.
Corriere.it: “I conti correnti degli italiani sfondano il muro dei 1.000 miliardi . La crisi spaventa gli italiani, il denaro non circola. Le aziende non investono e le famiglie non spendono, preferendo accumulare”.
Murray Rothbard: “È pericolosamente fuorviante adottare l’abitudine di trattare il denaro come qualcosa che ‘circola’ o, peggio ancora, come qualcosa che possa essere diviso in ‘denaro circolante’ e ‘denaro improduttivo’ (idle money). Questo concetto suggerisce l'idea che il primo si muova tutto il tempo da qualche parte e che il secondo stazioni pigramente accumulandosi. Questo è un grave errore. Infatti, la ‘circolazione’ del denaro non esiste e non c’è alcuna misteriosa arena in cui il denaro si ‘muove’. In ogni istante, tutto il denaro è detenuto da qualcuno, cioè si trova nei conti di liquidità (cash balances) di questo qualcuno” [Rothbard M.N., 2009 [1962], "Man, economy and State" (Ludwig von Mises Institute, Auburn), pp. 760-761].
In altri termini, “il denaro non circola” è una frase che non ha alcun senso economico. Tuttavia, non è semplicemente una cialtronata.
Il denaro infatti può essere domandato per essere speso in consumi, in investimenti oppure per essere accumulato. Dietro alla frase senza senso “il denaro non circola” c’è l’idea keynesiana, qui semplificata, che l’aumento delle prime due componenti della domanda di denaro (quella per i consumi e quella per gli investimenti) faccia “girare l’economia” e quindi produca crescita economica; mentre l’aumento della terza componente della domanda di denaro (l’accumulazione), non facendo “girare l’economia”, creerebbe declino economico. Per questo, nell’articolo, il fenomeno dell’accumulazione viene visto come “preoccupante”.
A prima vista (p. es. per chi, come i keynesiani, non si occupa di scienza economica) questa idea sembra plausibile. Non è possibile spiegare in poche righe perché, dal momento in cui si tiene conto che il processo economico si articola in una struttura produttiva (con settori più vicini al consumo e settori più lontani) e si svolge nel tempo, questa idea è oggettivamente sbagliata. Tuttavia è possibile dare un’immagine intuitiva di alcune delle ragioni per cui lo è attraverso una metafora (con tutti i limiti della metafora).
Un contadino, avendo motivo di ritenere che la prossima stagione sarà arida (o comunque volendosi proteggere dal rischio di aridità nella prossima stagione), accumula acqua nelle sue cisterne invece che usarla per riempire la piscina della sua casa. Quello che l’articolo (adottando l’intero paradigma anti-scientifico keynesiano probabilmente senza saperlo) vuole dire al contadino è che la sua decisione di accumulare acqua per proteggersi dalla siccità è irrazionale e contribuisce alla distruzione della sua attività agricola.
Il contadino non ha bisogno di aver studiato la Scuola Austriaca di economia per capire che non è così. Il buon senso e la vecchia saggezza contadina sono molto più vicini alla scienza economica di quanto lo siano le teorie degli ‘economisti’ keynesiani.
Il contadino non ha bisogno di aver studiato la Scuola Austriaca di economia per capire che non è così. Il buon senso e la vecchia saggezza contadina sono molto più vicini alla scienza economica di quanto lo siano le teorie degli ‘economisti’ keynesiani.
Queste ‘teorie economiche’ sono state imposte coercitivamente (p. es. attraverso la costituzione delle banche centrali). Una delle ragioni per cui bitcoin vincerà è proprio il fatto che ridà spazio vitale alla saggezza contadina. Bitcoin infatti rende possibile alle persone che non hanno alcuna familiarità con la scienza economica (ma che hanno buon senso) fare le loro scelte personali in relazione alla loro domanda di denaro senza che queste scelte possano essere impedite o vanificate da chi non capisce nulla di scienza economica e quindi, in preda a un delirio di onnipotenza in cui ritene di poter disporre di una conoscenza equivalente a quella che in ogni momento è dispersa capillarmente fra i singoli individui, pretende di ‘governare’ interi sistemi economici, cioè le scelte di tutti quegli individui.
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