Il crollo improvviso dei mercati a febbraio non è stato provocato dai risparmiatori invitati a mantenere le posizioni dai loro consulenti, ma sono stati gli istituzionali che da 8 settimane disinvestono dai fondi Usa.
E nelle ultime 2 settimane sono ben 40 i miliardi disinvestiti (15 nell'ultima settimana) dai fondi azionari; e da quanto si prospettta i disinvestimenti dovrebbero continuare. Questa fuga è partita dall'America, ma come sempre, poi si riversa anche sull'Europa. E allora sono ben 5 i miliardi che si sono disinvestiti anche in Europa.
Chiaramente si dà la colpa alla possibile guerra commerciale, ma non è da sottovalutare ciò che molti analisti sostengono e che noi da questo blog avevamo già segnalato ipotizzando una fuori uscita dall'azionario.
I tassi sono ben al di sopra della fatidica soglia del 2,60%; sono arrivati al 2,95%. E le aspettative sono di un aumento dell'inflazione. Questa situazione rende non più conveniente investire nell'azionario e, quindi, le conseguenze dei dati indicati in precedenza sui consistenti disinvestimenti.
Non passa inosservato il fatto che, come accade solitamente nei cambi di portafoglio e di trend, ad iniziare a portare a casa il guadagno importante siano gli istituzionali, mentre ai risparmiatori si dica che si deve continuare a rimanere sull'azionario. Come sempre, predicare bene e razzolare male.
Gli istituzionali hanno realizzato i guadagni e i risparmiatori restano le perdite (e sono ancora poche). Il peggio deve ancora arrivare.
E nelle ultime 2 settimane sono ben 40 i miliardi disinvestiti (15 nell'ultima settimana) dai fondi azionari; e da quanto si prospettta i disinvestimenti dovrebbero continuare. Questa fuga è partita dall'America, ma come sempre, poi si riversa anche sull'Europa. E allora sono ben 5 i miliardi che si sono disinvestiti anche in Europa.
Chiaramente si dà la colpa alla possibile guerra commerciale, ma non è da sottovalutare ciò che molti analisti sostengono e che noi da questo blog avevamo già segnalato ipotizzando una fuori uscita dall'azionario.
I tassi sono ben al di sopra della fatidica soglia del 2,60%; sono arrivati al 2,95%. E le aspettative sono di un aumento dell'inflazione. Questa situazione rende non più conveniente investire nell'azionario e, quindi, le conseguenze dei dati indicati in precedenza sui consistenti disinvestimenti.
Non passa inosservato il fatto che, come accade solitamente nei cambi di portafoglio e di trend, ad iniziare a portare a casa il guadagno importante siano gli istituzionali, mentre ai risparmiatori si dica che si deve continuare a rimanere sull'azionario. Come sempre, predicare bene e razzolare male.
Gli istituzionali hanno realizzato i guadagni e i risparmiatori restano le perdite (e sono ancora poche). Il peggio deve ancora arrivare.
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